“Saremo tutti idealmente in quell’aia, che settantasette anni fa fu teatro di una delle più efferate stragi perpetrate dai nazisti nel reggiano”: così il sindaco Elio Ivo Sassi ricorda l’anniversario dell’eccidio di Cervarolo, avvenuto il 20 marzo del 1944, che per il secondo anno consecutivo, a causa della pandemia, non potrà essere celebrato in presenza della popolazione.
“Tuttavia domenica mattina mi recherò in quel luogo solenne – dichiara il primo cittadino, che è anche presidente dell’associazione provinciale dei partigiani d’ispirazione cattolica, Alpi-Apc – dove mi ritroverò, salvo impedimenti di forza maggiore, con una delegazione ridotta, in rappresentanza dei cittadini, degli ex combattenti per la libertà e delle autorità civili, militari e religiose, nel rispetto delle disposizioni dettate dall’emergenza sanitaria, per un omaggio floreale e un momento di raccoglimento nel ricordo delle vittime”.
Continua Sassi: “Dodici mesi fa eravamo molto dispiaciuti di non aver potuto onorare uno degli appuntamenti più sentiti tra quelli dedicati alla memoria della Resistenza, nella speranza di poter organizzare per il 2021 una commemorazione pubblica, che purtroppo, a causa del protrarsi di un’altra battaglia molto impegnativa, quella contro il Covid-19, non si potrà tenere”.
A Cervarolo furono trucidati ventiquattro civili, fra i 17 e gli 84 anni, tra cui un paralitico e il parroco, don Giovanni Battista Pigozzi, che si era rifiutato di firmare un documento in cui avrebbe dovuto dichiarare che gli arrestati erano tutti partigiani. Con coraggio evitò di sottomettersi e fu così freddato assieme agli altri uomini, ammassati nell’aia centrale del paese.
“Per decenni il fascicolo sulla strage – racconta Elio Ivo Sassi – rimase nascosto, fino al 1994. Nel 2005, poi, si avviò un’inchiesta, che si è definitivamente conclusa nel 2014 con la condanna all’ergastolo degli ex militari tedeschi superstiti, ritenuti responsabili dell’operazione, fra cui l’allora sergente Karl Wilhelm Stark, di cui è stata data da poche settimane la notizia della morte, avvenuta in Germania il 14 dicembre scorso, all’età di cent’anni. L’estradizione in Italia non è mai avvenuta, per cui non ha scontato la sua pena. Nemmeno pare si sia pentito. Per cui è molto difficile, se non impossibile, il perdono nei suoi confronti, se non in un’ottica di profonda carità cristiana”.
Una decorazione di fiori sarà poi collocata al monumento di Cerrè Sologno, paese in cui “cinque giorni prima, il 15 marzo 1944 – conclude il sindaco – avvenne un’aspra battaglia, con gravi perdite sia da parte dei partigiani, che ebbero comunque la meglio, che dei nazifascisti. L’evento scatenò azioni di rastrellamento”.