La I Sezione del Tar di Parma (presidente Italo Caso, giudice estensore Jessica Bonetto) ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata dalla ditta Manfreda contro la Prefettura, per l’esclusione dalla white list, e contro Provincia, Regione, Ministero dell’Interno e tutti i 42 Comuni reggiani che hanno costruito, sottoscritto e applicato i protocolli antimafia nella nostra provincia.
“Pur in attesa del giudizio di merito, accogliamo con soddisfazione questo primo importante segnale dal Tar che ha negato la sospensiva contro l’operato della Prefettura e contro l’intero sistema dei protocolli antimafia costruiti negli ultimi 7 anni da tutte le istituzioni reggiane allo scopo di prevenire e fronteggiare i fenomeni legati a infiltrazioni di mafie e criminalità organizzata”, commenta il presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giorgio Zanni, sottolineando come i protocolli “rappresentino, per Provincia e Comuni reggiani, uno strumento prezioso e indispensabile nel quotidiano lavoro dei nostri enti per alzare sempre più i livelli di attenzione e cercare di garantire la massima trasparenza e legalità”.
“Fatto salvo naturalmente il legittimo diritto da parte di chiunque di ricorrere alla giustizia amministrativa, questo primo, importante segnale del Tar ci restituisce ulteriore fiducia nel continuare a perseguire compatti nella difesa dei protocolli antimafia – aggiunge il presidente Zanni – Un percorso importante nato anche delle criticità emerse dal processo AEmilia e finalizzato a contrastare i pericoli di infiltrazione della criminalità organizzata nei cantieri pubblici come in quelli privati”.
Nelle motivazioni dell’ordinanza emessa oggi dal Tar di Parma, pur essendo relativa solo alla richiesta di sospensiva immediata, non mancano per altro passaggi significativi a sostegno della correttezza dell’operato di Prefettura, Provincia e Comuni reggiani. Per quanto riguarda in particolare i Protocolli di legalità – scrive il giudice estensore Jessica Bonetto – “quanto al fumus boni iuris, sebbene ad un sommario esame proprio della fase cautelare, le censure articolate in ricorso paiono prive di pregio attesa la formulazione ampia dell’art. 83 bis del D. Lgs. n. 159/2011”. Il Codice delle leggi antimafia, sostiene il Tar di Parma citando anche una sentenza del Consiglio di Stato, sembrerebbe infatti “ammettere l’estensione dei Protocolli ad ogni attività avente risvolti economici, compresa quindi quella edilizia, allorché vengano in rilievo “rapporti tra contraenti, pubblici o privati, e terzi, nonché tra aderenti alle associazioni contraenti e terzi”, laddove ciò sia ritenuto necessario in relazione al tessuto economico di riferimento, per consentire una piena efficacia delle misure antimafia”.
Per quanto riguarda, invece, l’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura – si legge ancora nell’ordinanza di oggi – risultano “prima facie infondate le censure articolate in atti, tenuto conto della pluralità e gravità degli elementi richiamati nel provvedimento, nel complesso idonei ad escludere l’«occasionalità» invocata da parte ricorrente e a far ritenere non marginale il pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa”.