Nessun “scippo verso le regioni del sud”, come sostenuto in un comunicato uscito nei giorni scorsi a firma di europarlamentari del Movimento 5 Stelle, ma una nuova ripartizione, più equa e oggettiva, delle risorse del Programma di sviluppo rurale, che tenga conti di criteri di merito.
Comincia quest’anno il biennio di transizione verso la nuova programmazione che assegnerà i fondi europei agli Stati membri per sostenere la crescita e l’occupazione in agricoltura – settore fondamentale per l’economia e la sopravvivenza dei territori, come ha ben dimostrato l’emergenza sanitaria -, attraverso una revisione della ripartizione delle risorse messe a punto dalle Regioni italiane che hanno rivisto criteri e parametri fermi a più di 20 anni fa.
Un lavoro necessario per adeguare le leve di sviluppo del Psr alla realtà del settore che, in questo periodo, ha cambiato in modo considerevole il proprio volto in un mondo trasformato sia dai traguardi raggiunti nella ricerca e nell’innovazione, sia per le mutate condizioni derivanti dal cambiamento climatico.
La nuova ripartizione è proposta e condivisa dai tre quarti delle Regioni italiane, cioè 15 regioni: Emilia-Romagna, Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Valle d’Aosta, Veneto e Province Autonome di Bolzano e di Trento.
Obiettivo, appunto, una divisione oggettiva delle risorse che non si affidi più soltanto su criteri storici superati, ma tenga conto anche di altri parametri, criteri oggettivi e misurabili come quelli di de minimis, popolazione rurale, produzione lorda vendibile, superficie agricola, numero di imprese.
“Le risorse del Psr devono essere utilizzate al meglio da tutte le Regioni nell’interesse delle imprese agricole italiane- spiega l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi- e per far questo bisogna prendere a riferimento parametri nuovi. Questa nostra proposta non è certo uno scippo al Sud da parte dell’Emilia-Romagna ma accomuna la gran parte di territori rappresentativi di tutto il Paese e di tutte le appartenenze politiche, ed è il frutto di una mediazione che contempla una parte di criteri storici e oggettivi proprio per arrivare gradualmente al 2023 con criteri che riguardano il merito. Consente di utilizzare al meglio e al massimo le risorse europee che ci vengono destinate come sistema Paese e che tiene conto della fotografia reale dell’agricoltura dei territori, anziché di una foto d’epoca. Spiace constatare che ci sono rappresentanti italiani nelle istituzioni europee che, non conoscendo il merito delle proposte, si pronunciano in modo così sommario”.
“L’Emilia-Romagna ha usato tutti i fondi della precedente programmazione- chiude Mammi-, ed è importante applicare questo modo di lavorare per distribuire alle imprese e alle filiere tutti i fondi a disposizione. Il sistema agricolo nazionale deve fare un passo avanti e deve dimostrare di essere responsabile e maturo per usare al meglio i fondi Ue”.