Il documento consegnato oggi al Governo a Roma dai 4 sindaci Matteo Lepore (Sindaco della Città metropolitana di Bologna), Michele De Pascale (Presidente della Provincia di Ravenna), Enzo Lattuca (Presidente della Provincia di Forlì-Cesena) e Jamil Sadegholvaad (Presidente della Provincia di Rimini), è stato sottoscritto anche dai Sindaci dei Comuni bolognesi colpiti dall’alluvione.
Ecco l’elenco dei Sindaci che hanno firmato: Luca Albertazzi – Sindaco Dozza, Debora Badiali – Sindaca di Budrio, Alberto Baldazzi – Sindaco Castel del Rio, Monica Cinti – Sindaca di Monte San Pietro, Isabella Conti – Sindaca di San Lazzaro, Franca Filippini – Sindaca di Pianoro, Claudio Franceschi – Sindaco Castel Guelfo, Mauro Ghini – Sindaco Borgo Tossignano, Belinda Gottardi – Sindaca di Castel Maggiore, Carlo Gubellini – Sindaco di Castenaso, Luca Lelli – Sindaco di Ozzano, Dario Mantovani – Sindaco di Molinella, Gabriele Meluzzi – Sindaco Fontanelice, Ivan Mantovani – Sindaco di Monterenzio, Matteo Montanari – Sindaco Medicina, Fabrizio Morganti – Sindaco di Loiano, Marco Panieri – Sindaco di Imola, Barbara Panzacchi – Sindaca di Monghidoro, Roberto Parmeggiani – Sindaco di Sasso Marconi, Bruno Pasquini – Sindaco di Monzuno, Beatrice Poli – Sindaco Casalfiumanese, Daniele Ruscigno – Sindaco di Valsamoggia, Nicola Tassinari – Sindaco, Mordano, Fausto Tinti – Sindaco Castel San Pietro Terme.
Il testo del documento:
I Comuni emiliano-romagnoli colpiti dalle alluvioni del maggio 2023 ringraziano la Regione Emilia-Romagna e il Governo italiano per la solerzia e la qualità dell’intervento della Protezione civile e degli uomini e delle donne, professionisti o volontari, di tutti i Corpi accorsi in aiuto nei nostri territori in pochissimo tempo. A questo proposito segnaliamo la necessità di mantenere ancora elevata e attiva la presenza delle colonne mobili della protezione civile nelle zone più colpite al fine di ultimare le operazioni di primo ripristino.
Fin dal primo momento c’è stata assoluta condivisione e coordinamento fra i diversi Comitati operativi comunali di protezione civile (Coc), guidati dai sindaci, e con tutti gli altri livelli di gestione dell’emergenza.
Lo stesso principio di solidarietà e condivisione fra le città, e di leale collaborazione fra i diversi livelli di governo della Repubblica, va mantenuto, in piena continuità, anche nella seconda fase della gestione dell’emergenza e in quella della ricostruzione.
Le nostre comunità hanno attraversato giornate pesantissime. Sono comunità ferite per i danni subiti, consapevoli di avere davanti grandi criticità sociali – soprattutto in relazione alla popolazione più fragile – e serissimi problemi economici rispetto alle imprese colpite, a partire da tutta la filiera agricola e agroalimentare.
I provvedimenti legislativi e di protezione civile adottati nei giorni scorsi hanno dato un contributo importante alla gestione dell’emergenza (contributo di autonoma sistemazione, ammortizzatori sociali, primo indennizzo forfettario, ricognizione dei danni ai cittadini), ma sono inseriti in una serie di misure parziali e insufficienti affidate ai singoli dicasteri, rischiando così di perdere un criterio di gestione unitaria dell’emergenza. Solo a titolo di esempio, la sospensione generalizzata dei termini per i procedimenti amministrativi rischia di produrre effetti paradossali e bloccanti rispetto alla capacità finanziaria e operativa degli stessi enti locali coinvolti.
Inoltre, sia i suddetti provvedimenti che gli interventi in somma urgenza avviati dalla Regione sugli alvei fluviali, dai Consorzi di bonifica sulla rete consortile e dalle Province/Città Metropolitane sulla rete stradale, in assenza di un quadro chiaro sulla ricostruzione rischiano di dare risposte di breve periodo difficilmente riconducibili in un secondo momento a una strategia complessiva sia di ripartenza che di innalzamento dei
livelli di sicurezza dei territori.
Dopo la primissima fase di emergenza, con le istituzioni locali impegnate nel coordinamento diretto delle attività sul campo, è ora assolutamente necessario che il tavolo attivato per la riunione del 7 giugno diventi la sede operativa di gestione dell’emergenza, garantendo un costante confronto istituzionale tra Governo, Regione ed Enti Locali affinché i sindaci possano rappresentare appieno i bisogni delle proprie comunità e, in forza delle decisioni che saranno assunte, offrire un quadro di certezze ai tanti cittadini e alle imprese colpite, tanto per la ricostruzione pubblica quanto per quella privata.
Le seguenti richieste, avanzate dai nostri enti locali, hanno l’unica finalità di migliorare la risposta complessiva delle istituzioni ai problemi di imprese e famiglie, e sono poste in maniera rispettosa delle prerogative del Governo.
La prima richiesta è un impegno preciso del Governo rispetto al tema degli indennizzi. Si sono sentite in queste settimane parole sincere di solidarietà a livello internazionale, nazionale e regionale, ma finora non si è entrati nel merito nemmeno dei criteri generali di indennizzo. Ci troviamo davanti a famiglie che hanno perso tutto (in molti casi con danni alle proprie abitazioni che superano i 100mila euro, considerando le strutture, gli impianti e i mobili), a imprese distrutte e ad aziende agricole che rischiano di non poter più produrre per diversi anni. I cittadini e le imprese colpiti da questa alluvione, come contribuenti, negli ultimi 70 anni hanno partecipato agli indennizzi a tutte le zone d’Italia colpite da calamità naturali. Vanno definiti in tempi certi e rapidi quali strumenti nazionali ed europei azionare per garantire l’adeguato finanziamento di tutti gli indennizzi necessari, ma crediamo vada detto fin d’ora con chiarezza che tutti i danni subiti da cittadini e imprese saranno indennizzati.
Secondo punto è la nomina immediata del Commissario alla ricostruzione, valorizzando la filiera istituzionale e facendo perno sulla Regione Emilia-Romagna, esattamente come avvenuto per il terremoto del 2012 (come avvenuto allora, ciò è applicabile anche alle altre Regioni parzialmente coinvolte). Un impianto che ha funzionato bene, con ottimi risultati, garantendo il pieno e totale coinvolgimento di Province, Città Metropolitana e Comuni, fino ai più piccoli di montagna. Sarebbe un grave errore continuare a lavorare sulle opere di emergenza senza mettere in campo un piano e una visione complessiva che la struttura
commissariale può concepire in tempi brevi.
Occorre poi assumere immediatamente una scelta forte circa il riassetto del territorio rispetto a quanto accaduto: un evento fuori scala, rispetto alle serie storiche, ma certamente da oggi non irripetibile. C’è una nuova compatibilità da progettare e realizzare rispetto al cambiamento climatico, tenendo insieme le necessità più urgenti di ricostruzione del reticolo idrico con quelle strutturali – che vanno concepite in stretta continuità – a partire dalla fisionomia e dalla gestione complessiva della rete idraulica. Occorre approntare
immediatamente uno studio approfondito e di altissimo profilo che affronti il problema nel suo insieme, concretizzando una nuova strategia contro il dissesto idrogeologico. Si tratta di avanzare una visione generale, socialmente e ambientalmente sostenibile, calandola poi nei singoli bacini idrografici dell’Emilia- Romagna, in merito alla rete fluviale, alla rete consortile e alle opere per l’irrigazione e contro la siccità. È necessario un piano costruito tenendo insieme le popolazioni – che il territorio lo vivono – con le migliori competenze tecniche e scientifiche reperibili in Italia e nella comunità internazionale.
Un piano di questo tipo contempla una pluralità di azioni amministrative di altissima complessità. Non si possono escludere espropri, riperimetrazioni di aree di tutela o revisioni di norme e regolamenti specifici.
Servono tassativamente poteri speciali che deroghino dai normali tempi autorizzativi per poter garantire efficacia e celerità del piano.
Allo stesso modo, vallata per vallata – per evitare una pericolosa accentuazione dello spopolamento già in atto – serve un piano strategico per la vivibilità nelle aree di montagna, che dia priorità agli interventi di ripristino della viabilità e dei collegamenti devastati da migliaia di frane già censite, ma che affronti anche il tema nella sua visione più ampia. Sono a tutt’oggi isolate migliaia di abitazioni ed aziende, intere frazioni.
Gli obiettivi, anche in questo caso, vanno definiti insieme alle comunità interessate con, a cascata, piani di intervento celeri ma strutturali tra Province/Città Metropolitana e Agenzia regionale. Anche in questo caso servono poteri speciali che, soprattutto nei casi di ripristino, prevedano “burocrazia zero” e un fondo immediato sulla viabilità provinciale/metropolitana e comunale che copra almeno il 50% (500 milioni di
euro) del fabbisogno totale stimato, che è di circa un miliardo di euro. Questi enti hanno già sostenuto spese per tentare di aprire varchi e piste di prima percorribilità lungo le infrastrutture di propria competenza, con oneri nell’ordine di decine di milioni di euro, attraverso procedure di somma urgenza senza alcuna certezza circa la copertura finanziaria.
Fiduciosi in un positivo riscontro.