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Biomedicale: Payback sui dispositivi sanitari, la Regione chiede la totale abrogazione della normaIl meccanismo del payback sanitario va abolito. “A salvaguardia della tenuta del Sistema sanitario nazionale e della tutela della salute dei cittadini”, ma anche per evitare che possa crearsi “una fonte di incertezza per le imprese e per l’intera filiera produttiva”.

A metterlo nero su bianco gli assessori regionali Vincenzo Colla (Sviluppo economico, green economy e lavoro) e Raffaele Donini (Politiche per la salute) che, dopo l’incontro nel pomeriggio di ieri con i rappresentanti regionali e territoriali di Cna, Confindustria e Lapam Confartigianato, hanno scritto ai ministri delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, e della Salute, Orazio Schillaci.

“Abbiamo trovato una grande condivisione trasversale per salvaguardare questa filiera strategica per la nostra regione e per il Paese, e al tempo stesso non penalizzare la sanità pubblica- affermano Colla e Donini-. La situazione che si è venuta a creare non solo non risolve il problema della spesa sanitaria delle Regioni, ma mette in crisi tutto un sistema produttivo d’eccellenza. Durante il covid abbiamo visto cosa può significare l’insufficienza dei dispositivi medici e la difficoltà di un comparto produttivo a dare risposte adeguate e in tempi rapidi. Se questo sistema va a fondo non diventa solo un problema economico e sociale, ma determinerà la mancanza di autosufficienza sanitaria. È dunque indispensabile e urgente- chiudono- fermare la macchina infernale del payback e ripartire da zero con una nuova discussione che ripensi al futuro del settore insieme a tutti gli attori in campo”.

La lettera, condivisa con i rappresentanti delle associazioni di settore, spiega che, sebbene il payback abbia come obiettivo la razionalizzazione della spesa sanitaria per l’acquisto di dispositivi medici, la sua applicazione rischia di mettere in crisi non solo il comparto biomedicale e tutto l’indotto, ma anche il sistema sanitario e ospedaliero che si troverebbe in estrema difficoltà nella cura delle persone con nuovi prodotti e tecnologie.

Le ricadute negative sono chiare: per le imprese medio piccole è impossibile reperire le risorse da restituire alla Regione, quelle grandi che operano a livello globale cominciano a considerare l’Italia un Paese poco interessante per le forniture, programmando una veloce uscita dal mercato.

Le ripercussioni sul Sistema sanitario nazionale, con il fallimento di molte Pmi e l’uscita dall’Italia dei grandi gruppi globali, peserebbero sulla qualità e la disponibilità di dispositivi medici anche innovativi con evidenti riflessi negativi sulla possibilità di curare pazienti e cittadini. Una situazione che potrebbe comportare anche una spinta verso la sanità privata, con la possibilità di cura garantita solo a chi ha i soldi per permettersela.

In tutto questo, lo Stato vedrebbe distrutta una filiera che conta oltre 4.400 imprese di alta qualità, con circa 119mila occupati e genera circa 12 miliardi di fatturato.

In virtù di queste considerazioni, Colla e Donini chiedono al Governo, a nome della Giunta regionale, che la norma venga cancellata dall’ordinamento con effetto a partire dal 2019. Con riferimento al quadriennio 2015-2018, chiedono inoltre al Governo che vengano stanziate ulteriori risorse per azzerare l’onere a carico delle imprese e salvaguardare i bilanci della Sanità.


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