Purtroppo, si sono dimostrati fondati i timori sollevati due settimane fa da Confagricoltura Emilia Romagna in merito all’inderogabile necessità di garantire la disponibilità della risorsa idrica, ad uso irriguo, in particolare nelle zone servite dagli affluenti appenninici del fiume Po. Il caldo torrido e l’assenza di precipitazioni hanno aggravato la situazione. Da domani, venerdì 9 luglio, scattano in regione i primi divieti di emungimento delle acque dei torrenti. Quindi, proprio nella fase clou dell’annata agraria, gli agricoltori non potranno più irrigare le colture. Le maggiori criticità si registrano in Val D’Arda e in Val Tidone, nel Piacentino, ma anche nel Parmense e in Val D’Enza nel Reggiano, come, in parte, pure nel Bolognese e in Romagna.
«L’Emilia-Romagna ha bisogno di potenziare la sua capacità di raccogliere e trattenere acqua nel periodo invernale per poter disporre della risorsa idrica durante i periodi siccitosi. Mancano gli invasi di stoccaggio e, in molte aree, l’approvvigionamento principale proviene da acque piovane e torrenti appenninici. L’ultimo Piano irriguo nazionale risale al 2008 mentre quello regionale è datato 2015: dobbiamo muoverci. Il clima sta cambiando velocemente. Le difficoltà non si affrontano imponendo dei divieti: serve programmazione e progettazione», taglia corto il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini.
Sono essenziali nuovi modelli e parametri in grado di coniugare la salvaguardia dei fiumi con le esigenze del territorio. Non va bene l’attuale valore di portata del Deflusso minimo vitale (Dmv) ovverosia il quantitativo d’acqua rilasciata dalle opere di captazione in prossimità degli argini di fiumi, torrenti e laghi. «La Regione, nel 2016, ha aumentato il Dmv per tutti i corsi d’acqua creando situazioni di forte difficoltà in varie zone dell’Emilia-Romagna e adesso – osserva Bonvicini – bisogna rivedere le modalità di valutazione e calcolo in base alla morfologia del corso d’acqua e alle attività produttive che da esso dipendono».
Confagricoltura Emilia Romagna chiede «di intervenire subito e convocare d’urgenza, in Regione, il Tavolo delle Acque, al quale devono partecipare oltre ai consorzi di bonifica anche le rappresentanze economiche, in particolare il mondo agricolo, così da stabilire azioni sia nel breve che nel medio-lungo termine. Occorre una visione prospettica, riprendere in mano il Piano Acque e dare risposte concrete agli inarrestabili effetti del cambiamento climatico nella nostra regione».
Marcello Bonvicini pone anzitutto l’attenzione su due ambiti d’intervento: «In primis aiutare le imprese a riorganizzare e modernizzare i propri sistemi di irrigazione, attraverso misure specifiche di finanziamento nell’ambito del Programma regionale di sviluppo rurale. La tecnologia ha fatto passi da gigante, si tratta ora di sostenere la sua applicazione nelle aziende agricole. Poi è inderogabile, nel lungo periodo, costruire invasi di piccole e medie dimensioni negli areali più fragili, come quelli collinari, per captare la risorsa idrica nel momento in cui si verificano piovaschi intensi che nell’era del climate change sono diventati la normalità».
Il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna rivolge infine un invito agli enti irrigui emiliano-romagnoli «affinché siano parte attiva nel rafforzamento della rete idrica sfruttando appieno le opportunità offerte dal PNRR».