Al via, in Emilia-Romagna, uno studio per capire quanto “gira” la variante inglese, ma anche per rintracciare l’eventuale presenza di altre varianti sul territorio regionale. A condurlo, su mandato dell’Istituto Superiore di Sanità che ha avviato l’indagine a livello nazionale, sono i laboratori di Pievesestina (Fc), Parma, Bologna (Policlinico S.Orsola) e Modena, in collaborazione con la Regione – servizio Prevenzione collettiva e sanità pubblica – e i Dipartimenti di Sanità pubblica delle Aziende sanitarie territoriali.
213 i tamponi positivi selezionati in Emilia-Romagna su cui è in corso l’analisi: appartengono ad altrettanti cittadini scelti a caso ma in modo proporzionale rispetto al numero di abitanti delle singole province, fra i positivi individuati nei giorni 4 e 5 febbraio: 12 a Piacenza, 20 a Parma, 24 a Reggio Emilia, 32 a Modena, 64 a Bologna, 7 a Ferrara e 54 in Romagna.
I risultati finali della ricerca, che richiede operazioni di estrema accuratezza e complessità e quindi ha tempi di esecuzione non immediati, sono attesi per l’inizio della prossima settimana, ma dai primi riscontri si può prevedere quanto la variante inglese sia presente sul territorio regionale.
“Siamo impegnati a cercare la variante inglese mettendo in campo la professionalità dei nostri laboratori, attivi su questo fronte già da diverso tempo- spiega l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini -. La stima esatta della percentuale di diffusione della variante inglese sul totale dei casi riscontrati sarà disponibile a inizio della prossima settimana. A quel punto saremo in grado di valutare, in accordo con l’Istituto Superiore di Sanità e con il Governo, le eventuali azioni di contrasto che dovessero rendersi necessarie”.
Come avviene l’analisi
I campioni sono oggetto di una modalità di verifica basata sul cosiddetto “test inverso”, un’indagine molecolare che non riconosce la variante inglese. Se dunque il test dà esito negativo, significa che il tampone è verosimilmente positivo alla variante inglese; un primo passaggio che non determina la certezza che si tratti di variante inglese, ma appunto rivela soltanto che potrebbe esserlo.
A sottolinearlo, il professor Vittorio Sambri, direttore del Laboratorio di Pievesestina: “Bisognerà comunque continuare ad effettuare anche la successiva analisi di sequenziamento del virus che, come noto, richiede oltre 48 ore per ogni batteria di campioni”.
Tutti i 213 campioni selezionati sono stati dunque sottoposti a questa prima fase di analisi, da cui è emerso che circa un terzo di essi potrebbe contenere la variante inglese; si sta ora procedendo con il sequenziamento, che darà il risultato definitivo nei prossimi giorni.
Anche se la modalità di analisi è un po’ più rapida rispetto a quella tradizionale, non tutti i tamponi positivi potranno, almeno al momento, esservi sottoposti. Al di là di questo “sondaggio” richiesto dall’Istituto Superiore di Sanità, in Emilia-Romagna si continuerà dunque ad analizzare e sequenziare i casi di persone che rientrano da Paesi a rischio (Regno Unito, Portogallo, Brasile e Sudafrica) o che presentano determinate caratteristiche cliniche ed epidemiologiche previste a livello ministeriale dalla circolare del 30 gennaio scorso e dalle conseguenti disposizioni regionali.