Rispetto al disastro provocato dalle gelate dello scorso anno, all’inizio di marzo – con una perdita quali-quantitativa di 400 milioni di euro che ha messo in ginocchio più di 9.000 aziende su una superficie coltivata di circa 48.000 ettari, decimando il raccolto di albicocche, susine, pesche, nettarine e ciliegie – quest’anno il bilancio si preannuncia più grave perché numerose sono le specie frutticole danneggiate e tanti i vitigni.
«Servono subito ristori per le imprese falcidiate dall’ondata di gelo, in linea con le richieste formulate al Governo dall’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi e senza escludere l’esigenza di un intervento in ambito europeo», taglia corto il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini.
Ciliegie, duroni e amarene: non si prevede di raccogliere un frutto. Albicocche, susine, pesche e nettarine: ci si aspetta fino all’80% in meno di prodotto; danni anche nel kiwi e nel kaki. Le pere risparmiate dal gelo nel 2020, si preparano a una pesante perdita che non grazia nessuna delle varietà: gli ovari dei fiori sono danneggiati fino al 80-90%. Bisogna capire cosa si salverà e come. La nostra regione conta circa 5.000 aziende agricole dedicate al comparto; si coltiva infatti quasi il 70% delle pere italiane (l’Italia è il primo paese produttore di pere in Europa e nel Paese si concentra oltre il 30% dell’offerta europea). La diagnosi è negativa anche nel comparto mele: il raccolto dell’anno crolla al minimo storico.
«Impossibile quantificare adesso i danni sul settore vitivinicolo ma sulle varietà precoci è un disastro accertato e riguarda tutto il territorio regionale, sia le zone a valle che quelle collinari solitamente meno danneggiate dal gelo – avverte il presidente della sezione vitivinicola di Confagricoltura Emilia Romagna, Mirco Gianaroli – da una prima analisi, nel piacentino, le varietà precoci dell’Ortrugo e dello Chardonnay mostrano i segni più preoccupanti; è invece presto per pronunciarsi sulle viti di Bonarda e Barbera. A Parma, le più colpite sono le vigne della Malvasia e del Lambrusco Maestri. Nel Reggiano e nel Modenese si contano già gravi perdite di produzione per il Lambrusco, che saranno ingenti nel caso del Grasparossa, soprattutto nella parte collinare, mentre sia il Sorbara che il Salamino, nella zona pianeggiante, a nord di Modena, tardano a mostrare danni sulle gemme; idem per il Pignoletto, il Trebbiano e l’Ancellotta. Nel Bolognese si profila una vendemmia magra per Chardonnay e Sauvignon. Sono ancora sotto osservazione i vigneti di Cabernet, Barbera e Pignoletto».
La situazione non migliora spostandosi verso la Romagna, dove le varietà precoci a bacca bianca, Pinot e Chardonnay in primis, evidenziano segni di necrosi e disseccamento sui tralci. Si rischia di dimezzare il raccolto del Trebbiano, nella pianura ravennate e forlivese, e del Sangiovese, in collina. Permangono timori per l’Albana.