Lavori di giorno, monitoraggio da remoto di notte. Dieci camion, che fanno circa 600 viaggi al giorno, e cinque escavatori sono impegnati per fermare la colata della frana di Cà Lita, in comune di Baiso, che avanza di dieci metri ogni 24 ore con un versante di 2,5 chilometri.
L’obiettivo è proteggere le abitazioni, dove vivono sette persone, la viabilità comunale e provinciale, oltre che la sicurezza dell’alveo del fiume Secchia. Ma soprattutto evitare isolamento dell’alta Val Secchia sia in provincia di Modena che di Reggio Emilia.
È questo il cantiere voluto dalla Regione Emilia-Romagna in seguito alla riattivazione, lo scorso 20 maggio, della frana che interessa la località dell’Appennino reggiano, in seguito alle abbondanti precipitazioni portate dall’ultima ondata di maltempo. La dichiarazione dello Stato di emergenza nazionale riguarda sette province in regione, tra cui quella di Reggio Emilia.
Oggi Irene Priolo, vicepresidente della Regione con delega alla Protezione civile, in un sopralluogo ha verificato lo svolgimento dei lavori insieme al sindaco Fabrizio Corti, al vicecapo di gabinetto della Prefettura di Reggio Emilia, Gabriele Gavazzi, e ai tecnici dell’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la protezione civile.
Finora sono stati rimossi circa 40mila metri cubi di terra, operazione che ha evitato la chiusura della provinciale, fondamentale collegamento con il modenese e l’alta Val Secchia. Inoltre, si punta a potenziare il presidio forze ordine per gestire la viabilità visto l’elevato numero di mezzi in circolazione.
“Dopo gli eventi meteo eccezionali che ancora una volta hanno interessato l’Emilia-Romagna, ora l’Appennino è il sorvegliato speciale” -, spiega la vicepresidente. “E’ in corso un’importante e continua attività di monitoraggio per mappare tutte le conseguenze delle piogge in termini di dissesto idrogeologico, anche nel medio periodo”.
“Le colline e le montagne tra Reggio Emilia e Rimini – aggiunge Priolo – sono bombardate da migliaia di micro-frane. Ben 936 sono le più rilevanti e 14 interessano il territorio reggiano, quattro il comune di Baiso. Per questo– conclude- al monitoraggio si affianca l’impegno per interventi immediati in somma urgenza, come quello avviato a Cà Lita, fondamentale per evitare l’isolamento degli abitati”.
La situazione attuale
La frana di Cà Lita minaccia direttamente la strada comunale per Levizzano, la Provinciale 586, tre edifici in cui vivono in tutto 7 persone e l’alveo del fiume Secchia. Come già avvenuto in occasione della precedente riattivazione, tra il 2002 e il 2004, la progressione della colata è affrontato asportando continuamente, giorno per giorno, il volume necessario a riportare il fronte a distanza di sicurezza dalla strada e dalle prime case.
I mezzi al lavoro asportano mediamente 4mila metri cubi di terra al giorno, deposta in aree demaniali sul terrazzo fluviale del fiume Secchia. Le operazioni si svolgono durante il giorno. Di notte il fronte di scavo resta viene monitorato da due distometri laser, un’antenna GPS fissa e una webcam installati dopo gli eventi del 20 maggio.
Le operazioni seguono i primi interventi di somma urgenza avviati dal Comune di Baiso, concordati l’Agenzia regionale di protezione civile.
Perché la frana si è riattivata
Da inizio aprile al 20 maggio, la stazione meteo di Baiso ha registrato una cumulata complessiva di 298 millimetri di pioggia. La riattivazione è iniziata con la destabilizzazione della “Piana” (4,5 metri di spostamento nel giorno 20) a cui, nel giorno seguente, è seguita la “rottura” dell’unghia di frana sul fondovalle, sotto pressione per le spinte provenienti da monte.
La frana di Cà Lita – si estende per 2,5 km dall’abitato di Levizzano sino al fondovalle Secchia nei pressi della località Muraglione. Il corpo franoso, costituito prevalentemente da argilla, ha un volume di circa 10 milioni di metri cubi. La porzione superiore, sotto Levizzano, viene denominata “La Piana” e si muove per scivolamento, in particolare in seguito di precipitazioni. I detriti argillosi prodotti dalla sua disgregazione alimentano la “frana per colata” che raggiunge il fondovalle, con spessore sino a 30 metri.
Già dal 2022, l’Agenzia regionale di protezione civile ha predisposto una rete di monitoraggio idro-geologico inizialmente basata su strumenti a lettura manuale, come inclinometri e piezometri, per il controllo dei movimenti e delle condizioni idrogeologiche all’interno del corpo franoso.
Dal 2013 è attiva una più moderna rete di sensori di movimento e di controllo idrogeologico, sostanzialmente costituita da: 5 antenne fisse GPS, 1 estensimetro a filo, quattro sensori di pressione idrostatica posti a profondità tra 15 e 40 metri nel corpo franoso.
Dal 2020 si sono condotti inoltre rilievi sistematici della vallata franosa con droni, per un controllo continuo e da remoto dell’evoluzione della frana.