Nel terzo trimestre 2020 la tendenza negativa delle vendite contiene la diminuzione (-2,4 per cento). La pandemia ha accentuato i processi di cambiamento che caratterizzano da anni il settore del commercio. Tra le tipologie, la flessione ha interessato soprattutto il dettaglio specializzato non alimentare; la perdita è più contenuta per quello alimentare, mentre iper, super e grandi magazzini confermano l’aumento delle vendite. L’andamento negativo è più pesante per la piccola e per la media distribuzione, mentre la tendenza quasi si annulla per le attività con 20 o più addetti. La pressione sulla base imprenditoriale si è ridotta (-2,4 per cento).
Le limitazioni alle attività imposte dalle misure anti-Covid 19, e l’emergenza che cambia il colore alle giornate del calendario, creano per tutti i settori economici e in particolare per le imprese del commercio un clima di incertezza di cui non si riescono a definire i limiti temporali.
Una possibile boccata di ossigeno, specie per il comparto non alimentare, potrà arrivare dall’apertura della stagione dei saldi dal 30 gennaio 2021, anticipata dalla rimozione del divieto alle vendite promozionali: un’occasione per incassare liquidità, fondamentale per la sopravvivenza delle aziende e per fornire occasioni di acquisto ai consumatori. In attesa dell’evolversi della situazione legata alla crisi pandemica, è interessante guardare gli ultimi dati disponibili dell’indagine congiunturale realizzata da Camere di commercio e Unioncamere Emilia-Romagna e relativa al periodo luglio-settembre, in cui un allentamento delle misure restrittive ha interrotto la precedente fase di pesante ripiegamento.
L’andamento complessivo. Le vendite a prezzi correnti hanno subito una flessione del 2,4 nel terzo trimestre del 2020 rispetto all’analogo periodo del 2019 per gli esercizi al dettaglio in sede fissa dell’Emilia-Romagna. Anche il saldo tra le quote delle imprese che rilevano un aumento o una diminuzione tendenziale delle vendite si alleggerisce e risale da -31,0 a -2,1 punti.
In attesa dei dati sul quarto trimestre appena concluso, si rileva che le previsioni di vendita a fine settembre degli operatori relative a questo periodo erano positive, anche se le più basse dal 2012.
L’epidemia di coronavirus ha accentuato decisamente i processi di cambiamento che da anni caratterizzano il settore del commercio, con effetti immediati sui risultati economici.
Le tipologie del dettaglio: bene iper, super e grandi magazzini
Le vendite dello specializzato alimentare si sono ridotte solo dell’1,1 per cento. Il dettaglio specializzato non alimentare ha subito invece una perdita più ampia (-4,5 per cento). Al contrario, iper, super e grandi magazzini hanno nuovamente beneficiato della situazione, ottenendo un nuovo aumento delle vendite (+3,4 per cento).
La dimensione delle imprese: grande regge
I dati mostrano una correlazione positiva dell’andamento delle vendite con la dimensione aziendale, con un effetto soglia. La piccola distribuzione, da 1 a 5 addetti, ha accusato un calo sensibile (-3,9 per cento). Anche le imprese di media dimensione, da 6 a 19 addetti, registrano una caduta delle vendite di analoga ampiezza (-4,1 per cento), non sperimentata tra il 2014 e il 2019. La tendenza delle vendite risulta invece solo lievemente negativa per le imprese di maggiore dimensione, con almeno 20 addetti (-0,1 per cento).
Il registro delle imprese
La pressione sulla base imprenditoriale si è di nuovo lievemente ridotta. Le imprese attive nel commercio al dettaglio erano 42.821 al 30 settembre 2020. Rispetto ad un anno prima la loro consistenza è diminuita del 2,4 per cento (-1.055 unità). La tendenza negativa a livello nazionale è risultata ancora una volta più contenuta (-1,7 per cento). L’andamento negativo è dato da una più veloce diminuzione delle società di persone (-3,9 per cento, -357 unità) e da una più ampia riduzione delle ditte individuali (-816 unità, -2,7 per cento). Le prime risentono dell’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata, che determina un incremento assai meno ampio delle società di capitale (+2,5 per cento, +119 unità).