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Industria agroalimentare, nasce “Legàmi di Vite”, un importante contratto di sviluppo “green” nel comparto vitivinicoloNasce “Legàmi di Vite”, importante contratto di sviluppo “green” nel comparto vitivinicolo che prevede interventi per oltre 115 milioni di euro di cui 81 milioni sul versante ambientale.

Il progetto, con il coordinamento di Enoteca Regionalee il supporto tecnico della società Artemis e dello Studio Salami, è stato presentato al Ministero dello Sviluppo Economico per il tramite di Invitalia.
Vi hanno aderito le più importanti realtà regionali cooperative, rappresentative di 12 mila imprese agricole socie, per un totale di 470 mila tonnellate di uva lavorata (il 61 % della produzione dell’Emilia-Romagna, dato 2019) e di 3.400.000 ettolitri di vino imbottigliato all’anno. Numeri importanti anche sotto il punto di vista occupazionale, con ben 1.232.000 giornate/lavoro agricolo e con circa 2.800 unità impiegate nelle cantine. Le aziende aderenti al progetto sono: Caviro Extra, Caviro, Agrintesa, Cantina Forlì Predappio, Cantina di Carpi e Sorbara, Terre Cevico, Le Romagnole, Medici Ermete, Cantine Riunite & Civ, Enomondo.

Obiettivo del contratto è lo sviluppo di una filiera sostenibile e circolare, anche con la messa a punto di un protocollo ambientale. Un nuovo modello virtuoso di integrazione e aggregazione per valorizzare al meglio l’immagine del vino regionale, ottenuto con il supporto dalla Regione Emilia-Romagna con gli Assessorati allo Sviluppo economico e green economy eall’Agricoltura e agroalimentare ed Art-Er.

“Questo progetto strutturato di filiera internazionale sostenibile- affermano gli assessori regionali Vincenzo Colla (Sviluppo economico) e Alessio Mammi (Agricoltura)-, testimonia una maturità d’impresa non scontata per un comparto che dà lavoro a migliaia di persone e vanta prodotti enologici di grande qualità con numeri ed export davvero significativi, oltre a una rete commerciale tra le più evolute nel Paese per l’agroalimentare. Il progetto, che la Regione sostiene e promuove, ha caratteristiche davvero innovative per il contesto nazionale: cooperative e aziende, che di norma competono, hanno avuto l’intelligenza e la lungimiranza imprenditoriale di mettersi insieme e strutturarsi per essere ancora più forti, mantenendo un fortissimo legame con il territorio, gli agricoltori e i produttori, salvaguardando la qualità dei loro prodotti e creando al contempo le condizioni per stare su un mercato sempre più globalizzato. Un progetto davvero capace di raccontare e attuare il modo di fare impresa e creare lavoro del nostro territorio, coerente con una direttrice strategica del Patto per il Lavoro e per il Clima, poiché investe sull’economia circolare in un’idea di riciclo, recupero e riuso della materia prima utilizzata, che è il grappolo d’uva”.

Il totale degli interventi sarà superiore ai 115 milioni di euro, di cui oltre 81 milioni sul versante ambientale (circa il 70% sul totale dell’investimento- spiega il presidente di Enoteca Regionale, Giordano Zinzani-. Una cifra straordinaria che dimostra l’impegno e la volontà della filiera vitivinicola dell’Emilia-Romagna di essere protagonista consapevole del futuro, non solo del settore ma, più in generale, di un’economia sempre più circolare e rispettosa dell’ambiente. Una quota importante dell’investimento servirà anche per proiettare le aziende regionali verso un’industria 4.0, digitalizzata e con un alto grado di innovazione tecnologica. Il tutto si tradurrà anche in un aumento occupazionale stimato in circa 70 nuove assunzioni”.

Gli interventi che saranno realizzati in Emilia-Romagna saranno molteplici, tra i quali la trasformazione di prodotti agricoli del settore vitivinicolo e loro sottoprodotti (circa 67.000 tonnellate/anno derivanti dai processi di vinificazione) in acido tartarico naturale e biocarburanti avanzati, efficientamento energetico nei processi produttivi, riduzioni dei gas effetto serra, riduzione dell’impatto ambientale dei processi, realizzazione e potenziamento di sistemi di depurazione delle acque reflue in uscita dagli stabilimenti (attualmente 560 mila m3/anno di reflui da attività agroalimentare ceduti in depurazione), miglioramento dei sistemi di confezionamento e di stoccaggio. Oltre ovviamente a un ampliamento della capacità produttiva.


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