A fine 2020 in Emilia-Romagna, le imprese attive giovanili sono risultate 28.595: in un anno la perdita è stata di 850 imprese (-2,9 per cento), con un’accelerazione della tendenza negativa rispetto allo scorso anno, mentre le altre imprese – non giovanili – sono lievemente diminuite (-0,3 per cento). A livello nazionale, le imprese giovanili scendono a 445.777 (-2,6 per cento), mentre le non giovanili aumentano un poco (+0,3 per cento). Questo emerge dai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna.
A segnare il calo nelle imprese giovanili è il forte calo degli imprenditori di nazionalità straniera, (-508 imprese, -5,8 per cento), in particolare nel settore delle costruzioni, comparto nel quale gli imprenditori stranieri rappresentano oltre la metà dell’imprenditoria giovanile. La pandemia ha inevitabilmente frenato la nascita di nuove imprese, ad essere maggiormente colpiti i settori più esposti a restrizioni e chiusure. Inoltre, sopravvivere alla pandemia richiede ampie disponibilità finanziarie, di cui spesso non sono dotate le imprese giovanili.
I settori di attività economica: chi paga lo scotto
Nel trimestre tutti i macrosettori hanno subito una riduzione della consistenza delle imprese giovanili, ma non in modo omogeneo. Gli effetti della pandemia sono stati abbastanza differenziati a livello settoriale, come risulta approfondendo anche solo leggermente il dettaglio. La tendenza negativa è stata determinata dal pesante calo delle imprese delle costruzioni attive nei lavori specializzati (-373 unità, -8,1 per cento), settore che ha una quota di imprese giovanili pari al 14,9 per cento. Nell’insieme dei servizi l’andamento è frutto, in primo luogo, della caduta di alloggio (-7,3 per cento) e ristorazione (-171 unità, -5,2 per cento), fino a prima in rapida espansione, ma particolarmente colpiti dalle conseguenze della pandemia. Nella ristorazione la presenza delle imprese giovanili giunge al 12,4 per cento del totale.
La diminuzione delle imprese del settore del commercio si è solo accentuata rispetto alla tendenza negativa precedente alla pandemia (-169 imprese, -2,3 per cento).
Con numeri assoluti più contenuti, flettono le imprese delle altre attività di servizi per la persona (-58 unità, -3,3 per cento), parrucchiere centri estetici e fitness, anch’essi in crescita pre Covid, e la perdita è di un quarto per le attività di assistenza sociale non residenziale, per minori, anziani e disabili (-26 unità, -27,4 per cento), messe in crisi dalle restrizioni imposte dalla pandemia. Cala anche la base imprenditoriale giovanile dell’industria (-106 unità, -4,9 per cento), in particolare per il crollo nelle confezioni (-42 unità, -11,7 per cento) e nella fabbricazione di prodotti in metallo (-39 unità, -7,5 per cento).
Gli unici incrementi sostanziali vengono dai servizi, ma hanno numeri minori. Si rileva un rapido aumento delle imprese nelle attività immobiliari (+7,7 per cento, +61 unità), connesso alla ripresa dell’attività nel settore delle costruzioni e alle opportunità da cogliere sul mercato, delle attività ausiliarie dei servizi finanziari e delle attività assicurative (+6,6 per cento, +58 unità), probabilmente connesso alla crescita dell’indebitamento delle imprese e delle famiglie, e, finalmente in positivo, della produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (+28 unità, +8,5 per cento), sostenuta dalla crescita dello smart working e dallo sviluppo del digitale.