Al termine dell’anno la flessione delle imprese attive (-1.989 unità, -0,5 per cento) è più contenuta rispetto a quella dell’anno precedente (3.173 unità). La pandemia ha originato un deciso rallentamento delle iscrizioni e, in misura ancora più ampia, delle cessazioni. Nascono e chiudono poche imprese, una dinamica piatta in attesa di capire l’evoluzione della crisi pandemica. A livello nazionale la base imprenditoriale aumenta lievemente. La più ampia flessione è delle imprese del commercio (-1.167), segue quella dell’agricoltura (-1.014), ben minori le perdite nella manifattura, nel trasporto e magazzinaggio, negli altri servizi e nell’alloggio e ristorazione. Il complesso dei servizi contiene la flessione (-0,3 per cento) e dal suo interno giungono gli unici segnali positivi, in particolare dell’aggregato dei servizi di supporto alle imprese, immobiliare, attività professionali, scientifiche e tecniche, finanziarie e assicurative.
Unioncamere Emilia-Romagna ha elaborato i dati del Registro imprese delle Camere di commercio e quindi la “demografia” delle imprese. Per ora, gli effetti della pandemia non appaiono dall’esame dei saldi, ma solo se si considerano separatamente i flussi dell’anagrafe delle imprese. Nel 2020, rispetto allo stesso trimestre del 2019, le iscrizioni (5.067) sono sensibilmente diminuite, e più rapidamente hanno fatto le cessazioni (6.251). Entrambi i flussi fissano un nuovo minimo assoluto. Per questa ragione la nati-mortalità è risultata negativa, ma il saldo si è ulteriormente ridotto, al minimo degli ultimi 5 anni.
L’andamento demografico dell’imprenditoria nel 2020 è apparso quindi caratterizzato da una diffusa incertezza sull’evoluzione della crisi pandemia. C’è da considerare che normalmente poi, molte comunicazioni di chiusura dell’attività pervenute al Registro delle Imprese negli ultimi giorni dell’anno vengono statisticamente conteggiate nel successivo ed è quindi nel primo trimestre 2021 che si attendono le maggiori ripercussioni della crisi determinata dalla pandemia.
Le imprese attive a fine 2020 erano 397.767, con una diminuzione pari a 1.989 unità (-0,5 per cento) rispetto al termine del 2019. La perdita è risultata pari ai due terzi di quella riferita ai 12 mesi precedenti (-3.073 unità, -0,8 per cento). Anche in questo caso, gli effetti negativi della pandemia non emergono ancora dalla sola analisi della variazione dello stock delle imprese, per ora la base imprenditoriale tiene.
I settori di attività economica. La disaggregazione dei dati permette di evidenziare gli effetti della pandemia. La base imprenditoriale regionale si è ridotta in quasi tutti i macrosettori, più rapidamente in agricoltura, in misura poco più contenuta nel commercio e nell’industria, mentre è aumentata, anche se solo lievemente, nelle costruzioni e nel complesso dei servizi diversi dal commercio. In dettaglio, l’insieme del commercio all’ingrosso e al dettaglio e della riparazione di autoveicoli e motocicli subisce una sensibile flessione delle imprese del settore (-1.167 unità, -1,3 per cento). La base imprenditoriale dell’agricoltura, silvicoltura e pesca si riduce di -1.092 unità (-2,1 per cento). L’industria perde 543 imprese nonostante una lieve decelerazione della tendenza negativa che si ferma a -1,2 per cento. Ulteriori segni rossi sono provengono dal trasporto e magazzinaggio (-241 unità, -1,8 per cento), dal calo delle altre attività dei servizi (-189 unità, -1,0 per cento) e dai servizi di alloggio e ristorazione (-121 unità, -0,4 per cento). Questi ultimi due settori vivevano una solida fase di espansione prima della pandemia. Ci sono anche segnali positivi per la base imprenditoriale regionale. I principali giungono dall’aggregato dei servizi di supporto alle imprese (+287 unità, +2,3 per cento), dalle imprese dell’immobiliare (269 unità, +1,0 per cento), quindi dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (+181 unità, +1,1 per cento), finanziarie e assicurative (+167 unità, +1,8 per cento).
La forma giuridica. Si confermano gli andamenti nettamente divergenti anche per le tipologie di forma giuridica delle imprese. La riduzione della base imprenditoriale è stata determinata dall’andamento negativo delle ditte individuali, scese di 2.579 unità (-1,2 per cento), e dalla riduzione più rapida delle società di persone (1.816 unità, -2,4 per cento). Queste ultime risentono in negativo dell’attrattività della normativa sulle società a responsabilità limitata, che sostiene invece l’aumento tendenziale delle società di capitale (+2.461 unità, +2,7 per cento). Tutte queste variazioni risultano più contenute rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno.