ROMA (ITALPRESS) – “La tutela della vita e della dignità umana e la salvaguardia dei diritti fondamentali dei rifugiati e dei richiedenti la protezione internazionale sono per il nostro Paese una priorità assoluta. Tuttavia, non può essere elusa la potestà delle autorità governative competenti in materia di ricerca e soccorso in mare, nè possono eludersi le norme in tema di controllo delle frontiere e di immigrazione”. Lo scrive il ministero dell’Interno nella risposta alla lettera inviata dalla
commissaria per i Diritti Umani del Consiglio D’Europa Dunja
Mijatovic che invita il governo “a prendere in considerazione il
ritiro o la revisione” del decreto sulle Ong.
“Al contemperamento di tali esigenze risponde il decreto legge n. 1/2023, in corso di conversione in questi giorni – spiega il Viminale -. Il provvedimento interviene sulle attività svolte da navi private che effettuano attività di recupero di persone in mare, con l’obiettivo di prevenire possibili abusi della normativa di settore, riferita a salvataggi operati occasionalmente e non, invece, ad attività di intercetto e recupero sistematico e non occasionale di migranti in partenza dalle coste africane. In tale prospettiva, le recenti disposizioni declinano le condizioni in presenza delle quali l’attività di recupero operata da navi private può ritenersi conforme alle convenzioni internazionali e alle norme nazionali, escludendo l’adozione di provvedimenti interdettivi o
sanzionatori”.
“A differenza di quanto asserito – sottolinea il ministero dell’Interno -, le nuove disposizioni non impediscono alle ONG di effettuare interventi multipli in mare, nè, meno che mai, le obbligano a ignorare eventuali ulteriori richieste di soccorso nell’area, qualora già abbiano preso a bordo delle persone. Tali interventi sono, infatti, legittimi se effettuati in conformità alle regole di condotta enucleate dal legislatore e alle indicazioni del competente centro di coordinamento del soccorso marittimo. Ciò che la nuova norma intende evitare è, piuttosto, la sistematica attività di recupero dei migranti nelle acque antistanti le coste libiche o tunisine, al fine di condurli esclusivamente in Italia, senza alcuna forma di coordinamento.
Tale modus operandi, diffuso tra le ONG, si pone al di fuori delle fattispecie previste dalle Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare; inoltre, ingenerando nei trafficanti di esseri umani l’aspettativa di un sicuro e immediato intervento appena al largo delle aree di partenza, ha finito con il determinare – a prescindere dalle intenzioni delle ONG una modulazione del modello criminale che precede l’impiego di imbarcazioni inadeguate alla navigazione in alto mare che, se per un verso garantiscono maggiori guadagni alle organizzazioni criminali, per altro verso, innalzano sensibilmente l’esposizione a rischio dei migranti”.
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