Raccolto dell’anno compromesso per le 5.000 aziende produttrici di pere in Emilia-Romagna. Ai danni da gelate (- 80% delle produzioni), bisogna aggiungere quelli derivanti da malattie spesso mortali per la pianta, come la valsa, che esplodono proprio sotto la spinta di stress climatici estremi; da non dimenticare poi le minacce dei patogeni non ancora debellati quali cimice asiatica e maculatura bruna.
La superficie coltivata a pero in regione è scesa, in 15 anni, da 23.000 a 17.000 ettari. Secondo il monitoraggio svolto da Confagricoltura Emilia Romagna sui danni provocati solo dalle gelate del 6-8 aprile, si prevede una perdita fino all’80% della Plv senza contare le ripercussioni sulla qualità del prodotto tali da compromettere anche tutto il raccolto.
Per passare al setaccio i mali che colpiscono l’intero sistema frutticolo regionale, Confagricoltura Emilia Romagna sceglie il comparto pere perché rappresentativo dell’areale emiliano-romagnolo, in particolare le province di Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ravenna, dove si coltiva il 70% della produzione italiana e il 90% circa delle pere Abate Fetel, eccellenza del made in Italy. Probabilmente quest’anno la varietà “regina” sarà difficile da reperire sui banchi del supermercato (e con lei altre specie frutticole coltivate in Emilia-Romagna). Al suo posto troveremo pere prodotte altrove, ma non paragonabili, per caratteristiche organolettiche e nutrizionali, al frutto simbolo del nostro territorio.
Il presidente della sezione frutticola regionale, Marco Piccinini, parte dalle rese del pero registrate in regione negli ultimi dieci anni, «che sono troppo basse per coprire i costi di produzione», e fa il punto: «Il sistema produttivo non si sostiene economicamente, la redditività del pero è minata dalla staticità dei prezzi al produttore e dall’aumento incontrollato dei costi di produzione, per effetto sia dei cambiamenti climatici (fenomeni atmosferici estremi e maggiore virulenza degli agenti patogeni) che della globalizzazione (proliferazione incontrollata di nuovi insetti parassiti)». Di qui la necessità di «investire in ricerca e dare il via libera all’uso delle nuove tecniche di miglioramento genetico-varietale – le New Breeding Techniques come cisgenesi e genome editing -, per ottenere impianti resilienti, capaci di contrastare gli stress climatici, e più resistenti alle malattie. È infatti impossibile garantire la difesa delle produzioni con una minore immissione sul mercato di fitofarmaci e al contempo una riduzione per revoche di prodotti fitosanitari».
Pochi giorni fa, la Commissione UE ha espresso parere favorevole alla modifica della normativa vigente aprendo di fatto la strada all’introduzione delle Nbt. «Chiediamo ora alle Istituzioni dell’Unione e ai governi nazionali – ha dichiarato il presidente nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – di accelerare il passo, con il supporto del mondo scientifico, per giungere a una chiara ed efficace regolamentazione per l’uso delle più avanzate biotecnologie in ambito europeo».