Ci sono luoghi dove l’arte della musica, e in particolare gli strumenti per realizzarla, incontrano l’arte dell’estetica. E lì nasce una magia intrisa di grande bellezza nel design fatto di forme, materiali e colori innovativi.
Uno di questi luoghi è sicuramente rappresentato dalle creazioni leggendarie, chitarre e bassi elettrici, di Antonio ‘Wandrè’ Pioli (Cavriago, 1926 – 2004), fondatore negli anni Cinquanta della prima fabbrica di chitarre elettriche in Italia e inventore di alcuni dei modelli tra i più innovativi e sperimentali nella storia mondiale di questo strumento, vere e proprie opere d’arte pop intrise di futurismo, surrealismo, metafisica e astrattismo, ancora oggi tra le più ricercate dai collezionisti di ogni paese.
Alla figura dell’artista emiliano, il Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna dedica la mostra ‘Wandrè. La chitarra del futuro’, curata da Marco Ballestri con la collaborazione di Oderso Rubini e I Partigiani di Wandré, gruppo che tiene viva la memoria della sua straordinaria avventura artistica e umana.
La mostra sarà inaugurata domani, venerdì 10 maggio alle ore 18 nelle sale di palazzo Sanguinetti in Strada Maggiore 34 a Bologna, e si inserisce nelle iniziative organizzate per celebrare il ventesimo anniversario del Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna.
Il progetto espositivo è realizzato in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna e con la sponsorship tecnica di Assimusica di Cremona.
In esposizione oltre 50 pezzi tra chitarre, bassi e contrabbassi, ognuno con la sua storia e con la sua personalità unica: pezzi iconici e irripetibili per forma, colore, tecnica e materiali utilizzati. Il percorso, contestualizzato con altre opere dell’artista realizzate dal 1970 alla fine degli anni ’90, esprime molto bene il carattere di Wandrè: pop e al contempo psichedelico, dieci anni prima della psichedelia.
La mostra, a ingresso gratuito, resterà aperta al pubblico fino all’8 settembre 2024 ed è accompagnata da un catalogo disponibile in esclusiva presso il bookshop del Museo della Musica.
Antonio Pioli, in arte Wandrè
Nasce a Cavriago, paese in provincia di Reggio Emilia, il 6 giugno 1926. Arruolatosi a 17 anni nelle formazioni partigiane sull’Appennino reggiano, al termine della guerra si diploma alla Scuola Convitto di Rivaltella, e nella primavera 1957, dopo avere diretto cantieri edili in tutta Italia per conto del Consorzio Cooperative di Reggio Emilia intraprende la professione di liutaio raccogliendo il testimone dal padre Roberto, che costruisce in particolare violini.
La produzione si realizzava nell’avveniristica fabbrica dalla pianta rotonda e open space, realizzata con una tecnica costruttiva che a quei tempi era quasi solo teorica e mai utilizzata per la copertura di un edificio a uso industriale.
Wandrè è un marchio italiano noto per la sua eccentricità e sperimentalità, all’avanguardia negli anni ’60, grazie al genio di Antonio Vandrè Pioli, conosciuto come Wandrè: artista, imprenditore, partigiano, artigiano e soprattutto uno dei liutai più innovativi del secolo scorso. Le chitarre Wandrè, definite “sculture sonore”, viaggiano per il mondo come creature uniche, distanti dai modelli convenzionali dell’epoca, portando con sé una visione unica. Si tratta quindi di un design che intende introdurre arte nell’arte: i suoi strumenti devono essere in grado di trasmettere di per sé energia ed emozioni in virtù delle loro forme, dei loro colori (che mai si erano visti prima su uno strumento), dei nuovi materiali introdotti (come la plastica e l’alluminio) e dei tanti simbolismi che Wandrè nasconde in quelle linee apparentemente assurde, ma che a ben vedere così bizzarre non sono affatto.
Le immagini di Wandrè sono state fornite a corredo dall’Ufficio Stampa della Regione