I dati e le immagini che sono arrivate dall’Appennino nelle ultime settimane testimoniano una situazione eccezionale. A fronte delle abbondanti precipitazioni nella prima parte d’inverno su tutta la provincia (dal 1961 ad oggi mai così tanta pioggia a Reggio Emilia in dicembre, ben 175 mm registrati dalla stazione di Reggio Emilia meteo), la neve caduta sull’alto Appennino potrebbe essere da record.
Oltre i 1000 m non si vedeva tanta neve da fine febbraio 2013 e salendo in alta quota al Rifugio Battisti (1761 m – Fig. 1) bisogna tornare alla parte terminale dell’inverno 2008-2009 per vedere accumuli simili a quelli attuali. Se però ci limitiamo alla prima parte dell’inverno (dicembre-metà gennaio) il 2020-2021 pare non avere rivali almeno negli ultimi decenni.
Figura 1 – Rifugio Battisti (1761 m) visto dalla webcam sud, confronto tra 15 gennaio 2021 (sopra) e 19 novembre 2020 (sotto). Nel momento di massimo accumulo, tra il 7 e 10 gennaio, lo spessore del manto nevoso in corrispondenza dell’asta nivometrica (visibile dalla webcam nord) ha raggiunto i 2.80 m.
Gli accumuli nevosi registrati dalla rete di volontari, una delle principali caratteristiche delle nevicate registrate in questa prima parte d’inverno è stato un forte gradiente altimetrico: grandi accumuli mediamente oltre i 1000m, scarsi o nulli sotto i 500m.
Nell’apposita sezione di ReggioEmiliaMeteo, sono presenti tutti i dati delle nevicate di questa stagione, cm dopo cm, giorno dopo giorno, così come gli accumuli mensili a partire dal 2008-2009.
Le cause di una tale abbondanza di neve e precipitazioni devono essere ricercate innanzitutto nella configurazione barica che ha caratterizzato la prima parte di quest’inverno: una robusta e persistente area di alta pressione a Est, sulla Russia, frequenti promontori anticiclonici ad Ovest, sul Nord Atlantico, e nel mezzo la costante discesa di depressioni dalle latitudini polari sino al Mediterraneo, capaci di influenzare il tempo nelle forme che abbiamo visto.
Risalendo a cause ancora più profonde, tale schema è stato favorito da una persistente fase negativa dell’Arctic Oscillation: gli studi climatologici mostrano come l’AO negativa sia innanzitutto associata a precipitazioni oltre la norma su buona parte d’Italia, Emilia compresa, mentre le temperature sotto la media risultano relegate ad Alpi, Appennino Settentrionale e Nord-Ovest (i principali effetti termici si registrano a nord della catena alpina), come è appunto avvenuto nel corso dell’ultimo mese.