La Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna ha deliberato un finanziamento di 113.000 euro a sostegno di tre significative iniziative volte al recupero socio-economico della fascia appenninica bolognese. Orientamento formativo, internazionalizzazione, riurbanizzazione e inserimento lavorativo: sono queste le esigenze strategiche alle quali rispondono i progetti selezionati, che contribuiranno a sostenere le realtà del territorio che ogni giorno si impegnano per valorizzarne le potenzialità al di là delle innumerevoli difficoltà.
Storicamente catalogati come aree interne i territori attorno ai quali gravitano queste iniziative sono caratterizzati da una certa carenza infrastrutturale, tecnologica e demografica. La questione delle aree interne è sin dalla metà del secolo scorso un tema particolarmente rilevante per le politiche territoriali, che ne hanno più volte ridisegnato confini geografici e definizioni.
Nell’ambito della programmazione europea 2014-2020 il tema è stato rilanciato con forza, divenendo oggetto di una specifica strategia. Nell’ambito della Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI) le aree interne emergono come questione nazionale, da un lato, per gli alti costi sociali derivanti dalle condizioni di marginalizzazione e al basso livello di accessibilità ai servizi essenziali, dall’altro, per il loro significativo potenziale di sviluppo. Queste aree, infatti, sono ricche di importanti risorse ambientali e culturali e fortemente diversificate, anche a seguito di secolari processi di antropizzazione che ne hanno delineato storia, tradizioni e saperi.
«Come annunciato nel nostro Documento Previsionale Programmatico 2022, la Fondazione propone alcuni interventi mirati a sostegno degli Appennini bolognesi, guardando con attenzione agli investimenti legati al PNRR e affiancandosi idealmente agli interventi attuati dalle istituzioni locali per accrescere la consapevolezza su alcune problematiche che gravano su questi territori, come la desertificazione demografica che accentua le fragilità socio-economiche» spiega Giusella Finocchiaro, Presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. «Riteniamo di fondamentale importanza impegnarci per promuovere uno sviluppo sostenibile e resiliente dei territori rurali e montani, affinché possano valorizzare le risorse di cui dispongono e avviare un nuovo e virtuoso rapporto di scambio con le aree metropolitane e di pianura. I progetti selezionati, in questo senso, costituiscono un vero e proprio ponte, tra vecchie e nuove generazioni, antichi mestieri e imprenditorialità innovative, tra comunità vicine e lontane che condividono obiettivi, buone pratiche e speranze per il futuro della collettività».
Corsi educativi e di orientamento, creazione di network internazionali di comunità, opportunità lavorative per persone che vivono in condizioni di marginalità: le tre iniziative finanziate dalla Fondazione del Monte a sostegno della fascia degli Appennini bolognesi, pur nella loro eterogeneità, hanno il comune obiettivo di innescare un concreto moto di sviluppo sociale, economico e culturale dei territori di riferimento, incentivando innovazione e attrattività per le nuove generazioni.
I progetti selezionati
● Attività formative e di orientamento per uno sviluppo socio-economico dell’Appennino
Promosso dall’Accademia Nazionale di Agricoltura, il progetto consiste nell’attivazione di corsi formativi e di orientamento dedicati alle classi quarte e quinte delle scuole secondarie di secondo grado a indirizzo agrario e agroalimentare. L’iniziativa coinvolgerà 75 studenti e studentesse dell’Istituto Superiore “Arrigo Serpieri” di Bologna, e delle sue sedi dislocate nelle colline e montagne bolognesi, gli istituti professionali per l’agricoltura e l’ambiente “Luigi Noè” di Loiano e “Benito Ferrarini” a Sasso Marconi.
L’Accademia Nazionale di Agricoltura, fondata nel 1807, è un importante soggetto promotore della crescita economica della comunità, con attività prevalentemente incentrate sul trasferimento delle conoscenze, delle scoperte scientifiche e delle innovazioni in materia agraria.
Le attività formative, attraverso lezioni teoriche, esercitazioni sul campo e visite guidate, mirano a fornire ai ragazzi che si avviano alla conclusione del loro percorso scolastico, gli strumenti per operare una scelta professionale consapevole, nell’ottica di un futuro lavorativo che possa riflettersi positivamente sullo sviluppo delle comunità locali. Il fine ultimo del progetto è quello, dunque, di catalizzare le capacità, la passione e lo spirito d’innovazione delle giovani generazioni verso un territorio che ha subito e continua a subire la vessazione della dimenticanza e dello spopolamento, ma che al contempo custodisce enormi potenzialità di crescita, mestieri artigiani da tramandare, antiche colture da recuperare, beni materiali e immateriali da valorizzare.
Nello specifico, i corsi si articolano in cinque percorsi differenti: Gestione della castanicoltura e della sua realtà produttiva, con riferimento al genere Castanea sativa Mill e al contesto dell’Appennino bolognese; Contrasto all’erosione e interventi di ingegneria naturalistica, per acquisire le conoscenze di base riguardanti le cause e le condizioni che provocano l’erosione della superfice del suolo; Viticoltura e frutticoltura di collina e di montagna, una disamina delle specificità di queste pratiche in relazione a particolari contesti morfologici e a nuove condizioni ambientali, climatiche e sociali; Organizzazione e gestione del bosco: linee di azioni del nuovo TUFF. Il contributo degli alberi nell’assorbimento della CO₂ per analizzare gli aspetti pratici e i principi normativi basilari per una gestione sostenibile delle foreste; Allevamenti zootecnici, benessere animale, filiere lattiero-casearie per conoscere le informazioni principali sull’allevamento e la cura degli animali e le nozioni relative alla filiera di produzione, trasformazione e vendita di prodotti di origine animale.
● Lavoro e integrazione
L’iniziativa è attivata da Cartiera, laboratorio di moda etica specializzato nella produzione di articoli di pelletteria di alta qualità e a basso impatto ambientale, grazie al riutilizzo di pregiate materie prime provenienti da grandi aziende, che sarebbero altrimenti destinate allo smaltimento.
Cartiera, promuovendo le competenze artigianali proprie del Made in Italy e adottando i valori dell’economia circolare, è fin dalla sua costituzione impegnata a offrire percorsi di formazione e opportunità di inserimento lavorativo a persone che vivono in condizioni di fragilità e a rischio di esclusione sociale. Il progetto Lavoro e integrazione si propone di agevolare l’autonomia e la crescita professionale di cinque migranti richiedenti asilo, tra cui una donna, nel territorio di Marzabotto, dove è ubicato il laboratorio Cartiera, situato all’interno dell’ex complesso industriale della Cartiera di Lama di Reno.
Nell’ambito dell’iniziativa, che si concluderà nella primavera del 2023 con un evento all’Oratorio San Filippo Neri, saranno attivati tre inserimenti lavorativi di un anno e due tirocini formativi della durata di sei mesi. All’interno di Cartiera il lavoratore è un individuo autonomo, non in carico ai servizi socio-assistenziali del territorio, assunto secondo i contratti lavorativi afferenti al CCN delle cooperative sociali, secondo modalità pienamente etiche, inclusive e favorevoli allo sviluppo della comunità locale. Cartiera ha assunto infatti in questi ultimi anni un ruolo importante di collettore sociale nell’ottica di rivitalizzazione di un territorio, quello di Lama di Reno, che ha pesantemente subito le conseguenze della chiusura, nel 2006, della fabbrica di carta e derivati, la cui presenza ne aveva storicamente definito gli assetti sociali e demografici.
Cartiera ha deciso di mettere radici in un territorio colpito dallo spopolamento e dalla crisi economica, raggiungendo importanti obiettivi: negli ultimi due anni, dopo essere stata incorporata dalla Cooperativa sociale Abantu, ha ufficializzato l’assunzione a tempo indeterminato di due persone in condizione di svantaggio attive nel reparto produzione. Ora le persone coinvolte nell’attività produttive del laboratorio, con un contratto di lavoro regolare a tempo determinato o indeterminato, sono quindici.
● Dal Nord Europa al Nord Africa: un network internazionale di comunità
Promotore del progetto è la Comunità Slow Food del Grano dell’Alto Appennino tra Bologna e Firenze, fondata a Monghidoro nel 2019 per ridare valore economico, sociale e culturale alla coltivazione dei cereali di montagna e trasformare le antiche vocazioni del territorio in opportunità per il futuro, con l’obiettivo di creare una nuova socialità rurale sostenibile e accogliente. La Comunità, che affonda le sue radici nella filiera dei Grani Alti nata nei primi anni 2000 grazie all’impulso del forno di paese e della visione del suo fornaio, Matteo Calzolari, prende il nome dalle varietà coltivate nell’area della Valle del Lognola, nell’Appennino bolognese. Si tratta di grani che raggiungono il metro e mezzo d’altezza, coltivati sopra i 400 m di altitudine.
In un periodo in cui la guerra in Ucraina sembra minacciare una crisi agroalimentare, la Comunità del Grano Alto rappresenta un esempio di sistema alternativo locale alle logiche di mercato globali, in grado di autosostenersi garantendo la produzione di materie prime di qualità e la vita delle comunità.
Ora, con il sostegno della Fondazione del Monte, la Comunità si proietta a livello internazionale, rendendo permeabile un mondo, quello dell’agricoltura di montagna, che per storia e conformazione, rischia di rimanere confinato, precludendo la possibilità alle eccellenze del territorio di essere conosciute al di là dei confini locali. L’obiettivo è quello di realizzare un laboratorio itinerante incentrato sulla codificazione di metodi artigiani di panificazione valorizzando il ruolo del fornaio e il sapere che impiega nel lavorare farine autoctone e non standardizzate. Questo laboratorio, già sperimentato nella terza edizione di Forni e Fornai, l’evento annuale sul mondo dei cereali e del pane che la Comunità organizza a Monghidoro, è arrivato anche a Nottingham, nel Regno Unito, in occasione dell’evento inglese gemellato UK Grain Lab. La prossima tappa dell’iniziativa sarà a settembre a Kissane in Marocco, insieme alla Comunità Slow Food del Piccolo Farro del Rif Marocchino per un confronto sulle tecniche colturali e di lavorazione di varietà di farro tradizionali, valorizzando il sistema di relazioni che si instaurano in filiere di questo tipo. Il progetto approderà, infine, a Torino, a Terra Madre Salone del Gusto, il grande evento internazionale di Slow Food all’insegna del cibo buono, pulito e giusto, occasione che permetterà alla Comunità del Grano Alto di presentare i risultati raggiunti e tessere ulteriori connessioni a livello globale.