Azioni violente che si consumano quotidianamente sotto gli occhi di tutti in strada, nei parchi, in qualsiasi luogo pubblico e aperto al pubblico – in alcuni casi anche mortali, come la drammatica sorte toccata qualche giorno fa alla sfortunata Sig.ra sessantenne ammazzata di botte in un parco di Rovereto da uno spietato criminale già noto alla Giustizia –, abbinate ad aggressioni sempre più frequenti e sanguinarie contro le Forze dell’Ordine – come quella avvenuta a Catania da parte di un malvivente armato di anelli rudimentali in metallo e ricurvi a uncino, che hanno rischiato di recidere la giugulare a un Poliziotto – sono il segnale inconfutabile di un cammino su una strada senza ritorno. Si configura un crescente degrado sociale e culturale, che continua a passare purtroppo inosservato, sotto gli occhi di un’opinione pubblica indifferente e soprattutto di una politica che sinora ha dimostrato di non essere in grado di dare un segnale forte e concreto, affinché lo Stato riaffermi la piena e inviolabile supremazia sul territorio, a garanzia dell’ordine e della sicurezza del cittadino.
Viviamo una diffusa e inquietante percezione di impunità, che conferisce a chi delinque il “potere” di assumere atteggiamenti sempre più spavaldi e incuranti delle regole, permettendogli di umiliare, oltraggiare, minacciare e persino sfidare le divise, con la certezza di cavarsela, al massimo, solo con una denuncia a piede libero; dall’altra parte della barriera, donne e uomini appartenenti alle Forze dell’Ordine, in difficoltà e disorientati poiché sempre più consapevoli che le loro azioni, benché compiute nella piena legittimità, verranno scansionate in ogni minimo dettaglio, alla ricerca, spesso ossessiva, di quel particolare che potrebbe mettere in dubbio l’operazione di polizia.
Una condizione che continua a minare la sicurezza e l’efficienza di chi – anche a rischio della vita – si sente sempre meno tutelato dallo stesso Stato che rappresenta – dichiara Carmine Caforio, Segretario Generale di Usmia Carabinieri e aggiunge, riportando pensieri di evidente scoraggiamento che stanno prendendo piede tra i tutori dell’ordine: “si è arrivati al punto di ritenere che sia meglio subire che agire; e, comunque, è sempre bene mantenersi a giusta distanza da facinorosi e malviventi… tanto, dopo aver compiuto il reato, la fuga è ammessa, e nessuno ti chiederà perché lo hai fatto scappare… magari lo prenderemo quando sarà più calmo e poi, anche se lo arrestiamo, domani è nuovamente libero… non ne vale la pena!”.
Questa la triste e predominante mentalità che si sta diffondendo silente tra le Forze dell’Ordine – sottolinea Caforio e aggiunge: “Anche se avrai agito legittimamente nell’adempimento del dovere, tieni sempre in conto che potrai essere chiamato a difenderti dalle accuse fatte dagli stessi criminali che avrai arrestato, i quali, attraverso un autentico stravolgimento della realtà, assumeranno la veste di parte offesa, con il concreto rischio di doverli anche risarcire; da quel momento in poi sarai costretto ad affrontare costosi ed estenuanti procedimenti di varia natura (penale, civile e amministrativa), che stravolgeranno per sempre la vita privata, la serenità familiare, i progetti, le condizioni economiche e, per finire, la tua carriera!”.
L’articolo 7 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, attribuendogli il compito di vigilare, affinché la custodia delle persone sottoposte alla limitazione della libertà personale sia attuata in conformità alle norme nazionali e alle convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall’Italia.
Un passo in avanti pienamente condiviso e soprattutto indispensabile per la crescita culturale di una società civile e moderna che si sviluppa in uno Stato di diritto come l’Italia – afferma Caforio: “assicurare un trattamento adeguato, nel pieno rispetto della dignità umana, ai soggetti sottoposti a provvedimenti limitativi della libertà personale è un dovere morale, ancor prima che giuridico, imprescindibile, che non può essere soggetto ad alcuna deroga. Ma chi difende i Carabinieri o i Poliziotti dalle calunnie mosse da energumeni ingestibili, spesso anche autolesionisti, trattenuti in caserma in stato di arresto anche per 48 ore consecutive? Chi valuta le condizioni di stress che accumula un operatore di polizia nel gestire e vigilare un esagitato in luoghi non sicuri e non idonei alla detenzione?”
Caforio conclude e propone: “sarebbe giunto il momento che il Governo valuti l’opportunità di istituire la figura del Garante delle Forze dell’Ordine e, con essa, le necessarie tutele che consentano al citato personale di operare in serenità, senza il timore di dover sottrare denaro alla propria famiglia per difendersi da un ingiusto procedimento scaturito nell’adempimento del dovere. Un provvedimento indispensabile che, oltre a dare un segnale tangibile agli operatori della legalità, favorirebbe un confronto imparziale tra i due Garanti, soprattutto utile per far emergere molte criticità e condizioni lavorative precarie – logistiche e strutturali – che vivono quotidianamente le donne e gli uomini in uniforme”.
Tale figura metterebbe in risalto, altresì, i tanti sacrifici e i rischi di chi, assumendosi anche responsabilità non dovute, continua a operare in spazi non idonei alla custodia di soggetti sottoposti alla limitazione della libertà personale.