«C’è una categoria che continua ad essere dimenticata durante questa pandemia ed è quella dei caregivers, formali ed informali». A dirlo è Filippo Diaco, Presidente del Patronato Acli, che già ad aprile, nel pieno della “prima ondata”, aveva sollevato il problema di colf e badanti, la cui professionalità non era stata equiparata, nei benefici , a quella di altri operatori socio-sanitari.
«Tra le priorità vaccinali ancora una volta sono stati dimenticati i caregivers, ovvero i familiari dei malati cronici ed anziani fragili, ma anche colf, badanti e baby sitter» osserva Diaco. Eppure, si tratta di persone che accudiscono a domicilio categorie a rischio, facendo peraltro risparmiare notevolmente le casse pubbliche. «Prendersi cura di chi si prende cura è un dovere e un vantaggio economico per tutta la collettività» continua Diaco: «per questo chiediamo che, finalmente, le professioni domestiche vengano equiparate a quelle socio-sanitarie e sia prevista per loro una precedenza nella somministrazione dei vaccini, come avviene per le figure che svolgono attività assimilabili, ma riconosciute formalmente».
Il Patronato Acli gestisce circa 3.000 contratti di lavoro domestico all’anno e, per l’ultima sanatoria, sono state presentate dallo Sportello Immigrati un centinaio di domande inerenti la regolarizzazione di lavoratori domestici. «Individuare una corretta gerarchia di intervento non è semplice, ma nemmeno politicamente e moralmente neutro» conclude Diaco: «tutelare la salute dei lavoratori domestici significa difendere le persone fragili, con innegabili vantaggi per tutta la società».