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Vini generici, inviato lo schema di decreto dal ministero per la Politiche agricole alle Regioni. L’assessore Mammi: “Atto troppo penalizzante per il nostro territorio”
Foto di congerdesign da Pixabay

“Penalizzare i vini generici è un errore perché hanno canali commerciali diversi rispetto a quelli Dop e Igp, non creano giacenze e rispondono a una domanda in espansione, anche a seguito della crisi. Imporre una limitazione determina quindi una riduzione dell’offerta interna, favorendo l’ingresso di vini della stessa categoria prodotti in altri Paesi sia comunitari che extra-UE, creando ulteriore danno all’economia nazionale. Senza considerare l’onerosità del controllo, in un settore già soffocato dalle regole”.

Così l’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi commenta la bozza di decreto sulle rese dei vini generici, inviata dal ministero per le Politiche agricole alle Regioni, che prevede una riduzione della produzione massima per ettaro di uva da 50 a 30 tonnellate, con la previsione di una deroga a 40 tonnellate ad ettaro per i territori particolarmente vocati a questa tipologia di produzione.
Si tratta dei cosiddetti vini da pasto, a prezzo contenuto, che nelle province emiliano-romagnole vengono prodotti in grandi quantità e che sono arrivati a un equilibrio fra costi e ricavi. La riduzione delle produzioni non lascia spazio alle diverse caratterizzazioni produttive che ciascun territorio ha sviluppato, vanificando scelte di politica regionale costruite nel tempo. Un’altra conseguenza è la penalizzazione di migliaia di piccoli e medi produttori agricoli, che hanno realizzato investimenti impegnativi, e di importanti realtà cooperative, rappresentative di migliaia di soci, che hanno costruito solide filiere interregionali e creano valore per i territori.

“La recente versione dello schema di decreto, per individuare le aree vitate che, in deroga, possono produrre fino a 40 tonnellate per ettaro di uva per vini generici- spiega Mammi-, rischia di generare gravissime difficoltà alla filiera viticola dell’Emilia-Romagna. Non abbiamo condiviso fin dall’inizio la scelta parlamentare di introdurre la limitazione produttiva, anacronistica e lesiva per i nostri produttori, per le superfici vitate destinate a vini generici e da tavola, non comprendendo la logica punitiva che non tiene conto del contesto di mercato”.

La produzione di questi vini impegna circa il 50% delle superfici vitate dell’Emilia-Romagna, con circa 4 milioni di ettolitri su un valore nazionale di circa 15 milioni di ettolitri. I criteri di individuazione delle aree in deroga ipotizzati nell’ultima versione del Decreto determinerebbero una perdita per i produttori stimata in 9 milioni di euro ogni anno senza contare le perdite lungo la filiera e senza portare vantaggi su altri fronti.
Infine un’applicazione già nella campagna vitivinicola in corso non consentirebbe nemmeno il tempo tecnico di adattamento per gli agricoltori per cercare di mitigare il danno dal momento che la limitazione della produzione in campo passa soprattutto attraverso la potatura e la concimazione, operazioni colturali oggi già quasi completamente concluse.


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