“Se lo schema di decreto sulle rese dei vini generici predisposta dagli uffici del ministero Politiche agricole fosse adottato nell’attuale testo normativo, per il settore vitivinicolo dell’Emilia-Romagna si profilerebbe una pesantissima penalizzazione, con una riduzione dei ricavi dalla vendita delle loro uve per le 2.500 imprese vitivinicole di circa 8 milioni di euro all’anno e una perdita di indotto per le cantine superiore ai 30 milioni di euro all’anno di vino confezionato”.
Sono queste le considerazioni che l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, ha affidato in una lettera indirizzata al ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, con la pressante richiesta di rivedere i criteri indicati nella bozza in discussione.
“I vini generici- prosegue Mammi– sono prodotti principalmente in Puglia (5,5 milioni di ettolitri all’anno) e in Emilia-Romagna (3,9 milioni di ettolitri all’anno), che insieme producono i due terzi di tutto il vino generico italiano. Quelli prodotti in Emilia-Romagna vengono tutti venduti, come confermato dai dati di giacenza del vino, con soddisfazione dell’intera filiera vitivinicola regionale. Diminuire le rese di vino generico prodotto in Italia non significa aumentare le vendite dei vini a denominazione: verrebbero unicamente incrementate le importazioni di vino generico da altri Paesi. L’Italia perderebbe risorse ed imprese, soprattutto in quei territori già molto provati da gelate e fitopatie perché ad alta vocazione ortofrutticola. Un autogoal pazzesco che non possiamo permetterci: che senso ha colpire settori che stanno funzionando?”.
“Il provvedimento di deroga a 400 quintali ad ettaro-conclude l’assessore- per tutti coloro che hanno impostato la loro produzione in tale indirizzo, se accettato, potrebbe invece continuare a permettere a questa filiera di mantenere la sua vocazione nazionale e non aprire il mercato ai vini generici provenienti dall’estero”.