Dai vini frizzanti dei colli piacentini ai “mossi” bolognesi o modenesi per finire con gli spumanti brut ottenuti da uve sangiovese, la crisi del vino ha colpito duramente soprattutto le bolle doc e docg dell’Emilia-Romagna. «Meno brindisi e zero convivi hanno picchiato duro sul mercato delle bollicine che, in regione, ha subito una flessione su base annua che si attesta mediamente al 60% per le etichette delle piccole e medie aziende viticole o cantine legate al canale Horeca e al 20% per quelle vendute sui banchi dei supermercati tramite la rete della Gdo», chiarisce Mirco Gianaroli presidente dei viticoltori di Confagricoltura Emilia Romagna.
Sono “sparite” dal mercato le bottiglie che si stappano solitamente nelle cene delle feste natalizie, nei cin cin di fine anno, nei disco pub o wine bar notturni. Le stime a consuntivo di Confagricoltura Emilia Romagna parlano di un calo di vendite del 40-50% per i frizzantini di Ortrugo e Gutturnio (le doc dei colli piacentini e parmensi); del 30% per la Malvasia spumante Colli di Parma doc e la Spergola spumante Colli di Scandiano e Canossa doc. Anche gli spumanti Lambrusco doc – come il Reggiano, il Sorbara, il Salamino, il Grasparossa e il Modena –, hanno ceduto il 25% mentre più contenuta è stata la battuta d’arresto per i vini frizzanti tipici del vitigno a bacca rossa coltivato tra Modena, Reggio Emilia a Parma (- 20%). Quanto al Pignoletto doc e docg: lo spumante ha perso il 30% e il vino frizzante circa il 25%. In Romagna, in particolare i produttori di fascia alta del Ravennate hanno registrato una perdita fino al 35% mentre nelle bolle metodo tradizionale-classico da uve 100% bio la contrazione si aggira sopra al 30%. Infine per lo spumante Sangiovese doc la perdita stimata è intorno al 35 per cento.
«Lo studio di Confagricoltura Emilia Romagna mette in evidenza – osserva Gianaroli – il ruolo centrale delle 17.000 aziende viticole di dimensioni medio-piccole dell’Emilia-Romagna: il crollo del loro fatturato annuo va oltre il 60% nel solo comparto delle bollicine. Una voragine dovuta al mancato giro d’affari del canale Horeca e all’impatto del Covid nelle scelte di consumo».
Lo scenario è sempre più preoccupante, secondo l’organizzazione degli imprenditori agricoli, visto che andiamo verso un inasprimento delle misure anti-covid. Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, fa un appello alle istituzioni: «Non buttiamo via un patrimonio costruito negli anni, l’impresa deve tornare centrale nel dibattito sull’erogazione dei fondi e sui ristori. Attorno al vino “made in Italy” ruotano figure imprenditoriali che hanno saputo creare nel tempo qualità e occupazione, dando valore al proprio territorio d’appartenenza. Uomini e donne, che hanno inventato l’enoturismo facendolo diventare un comparto trainate per l’economia reale e per l’export fino all’esplosione della pandemia, a cui adesso chiediamo di guidare il rilancio post-covid e assicurare la fornitura di produzioni di alta qualità sui mercati nazionali e internazionali».